Villa Visconti

Villa Visconti Maineri Castiglione è situata sulla riva sinistra del naviglio grande, nel territorio un tempo denominato Cassina De' Biraghi. Ampliata come appare allo stato attuale attorno al 1737, è espressione della moda settecentesca di villeggiare in campagna, utilizzando come via di comunicazione il comodo naviglio. Si distingue dagli altri edifici limitrofi per la sua imponenza e si presenta come un palazzo di città, un tempo dipinto di giallo e arancio, con gli ordini delle finestre scanditi e proporzionati alla sua volumetria. Al piano terra vi sono solo finestre, al piano nobile oltre alle finestre vi sono due balconi in simmetria con il prospetto, e all'ultimo piano tanti balconcini con barriera in ferro battuto e sagomato, meno sporgenti di quelli al piano inferiore: caratteri tipici del tardo barocco lombardo.

Il complesso architettonico, compresi il parco all'inglese e il giardino all'italiana, sembra non voglia essere integrato nel contesto del paese, perchè è cinto da un muro perimetrale, quasi a delimitare la ''privacy'' della vita che si svolge all'interno. È questa una caratteristica saliente della villa, soprattutto per la felice soluzione compositiva dei vari corpi di fabbrica e per le astuzie prospettiche, create dal progettista nonostante le asimmetrie, che egli ebbe la capacità di armonizzare con le diverse parti.

La costruzione è disposta su tre piani: piano terra, piano primo o nobile, più alto perchè riservato ai proprietari, e secondo piano più basso e senza particolari decorazioni sulle chiavi di volta e sulle cornici delle finestre, che sono invece presenti nei piani sottostanti. La pianta ad ''H'' distesa con i due bracci asimmetrici a ben inseriti nel contesto, tanto da non denunciare a prima vista l'anomalia (in particolare il prospetto prospiciente il giardino all'italiana).

A ovest dell'ingresso principale che immette nella corte civile, sorge l'oratorio annesso alla villa, formato da un unico ambiente rettangolare diviso da una balaustra in pietra arenaria e ferro battuto, con un corpo centrale a pianta quadrata con gli angoli tamponati da lesene e con un presbiterio rettangolare (pure con gli angoli tamponati). Il prospetto esterno verso il naviglio, di gusto molto ricercato, denota una particolare cura scenografica, a conferma della duttilità e maestria dell'architetto nella ricerca di soluzioni progettuali atte a creare simmetrie prospettiche anche laddove l'ambiente sembra negarle, riscontrabili peraltro in ogni parte dell'intero complesso, senza eccezione dei rustici.

 

 

 

I PASSAGGI DI PROPRIETA'

Dalle indagini di archivio risulta che già nel 1392 esisteva una cascina, detta dei Raverti, davanti alla bocca dell'attuale roggia Visconta e in un altro documento del 1403 viene segnalata una cascina con abitazione denominata di Sant'Ambrogio, a cui fanno coerenza ''da una parte il naviglio grande e la Bardena''. Osservando le mappe catastali di Carlo IV del 1723, si nota che l'unico edificio sulle sponde del naviglio in quella località, davanti alla bocca della roggia Visconta e confinante con la casina Bardena, è quello che sorge sull'area attualmente occupata dalla villa Visconti Maineri. Pare quindi che questa sia il risultato di continue modifiche apportate nel tempo dall'edificio costruito da Pietro de Ravertis.

Dalla seconda metà del Cinquecento è possibile seguire i passaggi di proprietà della nostra costruzione, posseduta verso la fine del secolo dai Visner e quindi passata ai Giordana nella seconda metà. Proprietari agli inizi del Settecento sono i Viotto, che nel 1725 la cedono ai fratelli Paolo, Carlo Martino e Giovanni Bozzolo. Costoro tra il 1725 e il 1737 modificano il complesso architettonico seicentesco, rinnovandolo con i caratteri di un palazzo di città, come appare tuttora. I loro discendenti lo alienano nel 1796 a Galeazzo Maria Prospero Visconti. Viene quindi ereditato dal nipote di questi, Alfonso Maria, il quale a sua volta lo lascia ad Amalia Tanzi bisnonna dell'attuale proprietario.

 

 

 

IPOTESI SUL PROGETTISTA

Documenti diretti che testimoniano il progettista di questa soluzione architettonica di rappresentanza, quale sontuoso palazzo di città, non sono stati trovati; è molto probabile però che siano stati gli stessi fratelli Bozzolo gli artefici di tale opera, e in particolare Paolo. Non conosciamo molto di costui, ma le poche informazioni di cui disponiamo ci autorizzano a proporlo come possibile progettista, solo o unitamente al Castiglioni. Lo troviamo spesso impegnato in importanti operazioni finanziarie: egli dà o riceve a mutuo ingenti somme di denaro e questa intermediazione gli consente ampi margini di lucro, investito in un ricco patrimonio immobiliare, in parte ubicato lungo il naviglio Grande (oltre che a Cassinetta, a Robecco, Corbetta e Albairate). Quest'ultima circostanza spiega anche l'imponente ristrutturazione al nostro palazzo, in quanto appunto ubicato in una zona dove la famiglia aveva molti interessi economici. Ma quella febbrile attività finanziaria non era la professione di Paolo Bozzolo. Nella Raccolta Ferrari presso la Biblioteca Ambrosiana, è conservata una pianta del secondo piano del Palazzo Reale di Milano, databile intorno al 1740, firmata: Paolo Bozzolo. Ferrari, tra le sue annotazioni, lo dice '' capo mastro'', ma in realtà era ingegnere militare cesareo'' (qualifica che compare in diversi documenti che lo riguardano e nel suo stesso testamento). In questo ruolo tecnico e impegnato nel 1736 (cioè proprio mentre è in corso l'intervento sul palazzo a Cassinetta), per verificare l'esecuzione di alcune opere alle piazzeforti di Gera e Pizzighettone e nel 1746 si mette in società con altri per l'appalto delle fortificazioni al castello di Tortona. Ancor prima, nel 1729, egli stende un capitolato per un intervento, architettonico e decorativo, alla navata e alle cappelle laterali della vicina chiesa di Albairate, dimostrando molteplici qualità anche pittoriche. Poiché è in questi stessi anni che si interviene sul palazzo a Cassinetta, è impensabile che egli, proprietario del palazzo stesso, ne sia rimasto estraneo. Non è però da escludere come già si è anticipato, un intervento congiunto dell'architetto Carlo Federico Castiglioni, per queste coincidenze: nel 1729 il Bozzolo acquista una casa lungo il naviglio a Cassinetta, in nome e per conto del Castiglioni: è il palazzo di questi, appena oltre quello del Bozzolo; l'oratorio del palazzo Castiglioni è opera certa di costui; nel 1734 il Bozzolo cede un credito al Castiglioni, a compensazione di un debito che aveva verso di lui; il Castiglioni, si presume verso il 1740, redige alcuni disegni per il Palazzo Reale di Milano; e, ancora, è il Castiglioni che nel 1736 inoltra una richiesta alle monache di S Maria della Valle, corredata di disegni, offrendo l'acquisto a nome dei fratelli Bozzoli di un triangolo di terra, al doppio del suo valore, per porre in giusta simmetria il giardino con la casa da nobile con cui stiamo trattando. L'anno di redazione di questi ultimi documenti, cioè il 1736, va messo in relazione con quello fuso nella campana posta nel torrino in cima al tetto del palazzo, che è il 1737 e che corrisponde probabilmente all'ultimazione dei lavori (va anche ricordato, a questo proposito che la consacrazione della cappella è del 1741. E' probabile quindi che il Castiglioni venisse coinvolto anche nelle decisioni destinate a conferire al palazzo Visconti l'attuale fisionomia, anche per i rapporti professionali, economici e di amicizia che lo legavano al Bozzolo. Tuttavia non conoscendo in modo approfondito la personalità artistica del Castiglioni e soprattutto del Bozzolo, non siamo oggi in grado di stabilire con sicurezza se l'esito della radicale ristrutturazione al palazzo, quale noi oggi ammiriamo, sia da attribuire all'uno o all'altro o alla collaborazione di entrambi. Pare però di poter affermare che qualsiasi analisi stilistica del monumento debba ruotare attorno a questi due nomi.